in greco antico: φιλοσοφία, philosophía, composto ds φιλεῖν, "amare", e σοφία, "sapienza" o "saggezza", ossia "amore per la sapienza"
Aristotele: L'etica e la politica
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L'etica è la scienza che si occupa del comportamento individuale e della ricerca della felicità, considerata il bene supremo. A differenza di Platone, che si basava su principi astratti, Aristotele si basa sull'osservazione delle situazioni reali e sulla riflessione delle circostanze concrete, sociali e storiche per definire cosa sia il bene. Aristotele cerca un equilibrio tra diverse esperienze e prospettive per definire cosa sia il bene. Questo approccio può essere considerato attuale nella nostra società. Secondo Aristotele, l'etica non è una scienza esatta come la matematica, poiché le norme morali non sono simili alle conclusioni di un ragionamento necessario e le argomentazioni etiche non hanno la forma della deduzione da principi primi, unici e necessari. L'etica si occupa dei modi di vivere e di agire degli uomini, che variano a seconda del tempo e del luogo in cui si esplicano e dipendono dalla libera volontà delle persone. La differenza dell'etica rispetto alle scienze teoretiche (fisica, matematica e metafisica) deriva dal fatto che deve tenere conto, nelle sue valutazioni, della libertà umana, perché senza la libertà, e quindi senza una responsabilità individuale nelle scelte, non c'è agire morale. Aristotele cerca un equilibrio tra diverse esperienze e prospettive per definire cosa sia il bene. Questo approccio può essere considerato attuale nella nostra società.
La ricerca del "giusto mezzo"
L'etica aristotelica non è priva di principi o svincolata da ogni modello o sistema di valori, ma si ispira a un modello moderato tipico della classe media, che gode di buone condizioni economiche e che è decisa a mettere il più possibile a frutto le risorse sociali e umane di cui dispone. L'etica aristotelica potrebbe rappresentare «la morale di una signora della media borghesia», benestante, benpensante e soprattutto ben disposta verso il prossimo; una morale propria del possidente di terre, mediamente ricco e interessato a un'amministrazione efficiente della casa e della cosa pubblica. L'orizzonte entro cui questa visione etica si colloca è ancora la pólis, ma priva delle aspettative utopistiche di rigenerazione e rifondazione proprie di Platone. L'etica aristotelica si preoccupa di definire il modo di vivere e di agire degli uomini, che variano a seconda del tempo e del luogo in cui si esplicano e dipendono dalla libera volontà delle persone. La differenza dell'etica rispetto alle scienze teoretiche (fisica, matematica e metafisica) deriva dal fatto che deve tenere conto, nelle sue valutazioni, della libertà umana, perché senza la libertà, e quindi senza una responsabilità individuale nelle scelte, non c'è agire morale. Aristotele cerca un equilibrio tra diverse esperienze e prospettive per definire cosa sia il bene. Questo approccio può essere considerato attuale nella nostra società.
L'etica aristotelica ha come fine la felicità, che corrisponde alla condizione di benessere che l'uomo sperimenta quando sta bene con se stesso, con gli altri e con il proprio ambiente. Per Aristotele, esistono tre forme di vita possibili, a seconda del fine che gli uomini perseguono: la vita edonistica, che ha come fine il piacere del corpo, la vita politica, che ha come fine il prestigio connesso con le cariche pubbliche, e la vita teoretica, che ha come fine la conoscenza della verità. Tutte queste forme confluiscono e si conciliano nella vita dell'uomo sapiente e virtuoso, che esercita le virtù proprie dell'anima razionale. La virtù rappresenta la capacità dell'uomo di scegliere il giusto mezzo tra due estremi, che sono il difetto e l'eccesso. L'etica aristotelica si ispira a un modello moderato tipico della classe media, che gode di buone condizioni economiche e che è decisa a mettere il più possibile a frutto le risorse sociali e umane di cui dispone. L'orizzonte entro cui questa visione etica si colloca è ancora la pólis, ma priva delle aspettative utopistiche di rigenerazione e rifondazione proprie di Platone. L'etica aristotelica si preoccupa di definire il modo di vivere e di agire degli uomini, che variano a seconda del tempo e del luogo in cui si esplicano e dipendono dalla libera volontà delle persone. Aristotele cerca un equilibrio tra diverse esperienze e prospettive per definire cosa sia il bene. Questo approccio può essere considerato attuale nella nostra società.
Aristotele tratta l'argomento dell'amicizia, definendola come una virtù o qualcosa di strettamente congiunto alla virtù. L'amicizia è di tre tipi: può fondarsi sull'utile, sul piacevole o sul bene. Coloro che stringono amicizia in virtù dell'utile o del piacevole non si apprezzano per se stessi, ma in vista di un qualche vantaggio reciproco, mentre la perfetta amicizia è quella che si fonda sulla virtù e sul bene, in cui si stima l'amico in quanto persona, in modo disinteressato.
L'uomo come "animale politico"
Aristotele, nel suo pensiero politico, considera l'uomo come un animale politico, ovvero un essere sociale che ha bisogno della società per realizzarsi. La politica ha quindi il compito di garantire il benessere dei cittadini, rispettando le finalità insite nella natura umana e perseguendo la giustizia. Nel suo progetto politico, Aristotele si concentra sulla città-stato ateniese, nonostante in quel periodo si stesse delineando il grande impero di Alessandro Magno. Tuttavia, il suo modello politico è equilibrato e realistico, fondato sulla concezione dell'uomo come essere sociale, che ha bisogno della società per realizzarsi. La politica è quindi un'estensione dell'etica, poiché deve rispettare le finalità insite nella natura umana, perseguire la giustizia e garantire il benessere dei cittadini. In questo modo, Aristotele propone un modello politico che si basa sulla natura umana e sulle sue esigenze, piuttosto che su ideologie astratte o su modelli teorici.
Aristotele sostiene che le famiglie sono gli elementi costitutivi della società, che si riuniscono in villaggi e poi in città-Stato. Nonostante la crisi della città-Stato, Aristotele mantiene la sua visione dell'ideale di vita comunitario. Ha raccolto 158 Costituzioni di Stati diversi per studiarne i pregi e i difetti, e trarre spunto per le sue riflessioni sui regimi politici. Non crede che ci sia una forma ideale e perfetta di governo, valida per tutti gli uomini, ma ritiene che dallo studio accurato delle diverse costituzioni si possano comprendere quelle condizioni generali che devono essere soddisfatte affinché il governo sia giusto e stabile. Aristotele definisce la politica come l'arte di governare gli uomini, poiché è orientata al bene comune e deve essere fondata sulla virtù. La virtù è la capacità di agire secondo la ragione, rispettando le finalità insite nella natura umana e perseguendo la giustizia. In questo modo, Aristotele propone un modello politico che si basa sulla natura umana e sulle sue esigenze, piuttosto che su ideologie astratte o su modelli teorici.
Aristotele non crede che ci sia una forma ideale di governo, valida per tutti gli uomini, ma ritiene che dallo studio accurato delle diverse costituzioni si possano comprendere quelle condizioni generali che devono essere soddisfatte affinché il governo sia giusto e stabile. Aristotele definisce la politica come l'arte di governare gli uomini, poiché è orientata al bene comune e deve essere fondata sulla virtù. La virtù è la capacità di agire secondo la ragione, rispettando le finalità insite nella natura umana e perseguendo la giustizia. Aristotele propone un modello politico che si basa sulla natura umana e sulle sue esigenze, piuttosto che su ideologie astratte o su modelli teorici. Le tre forme degenerate di governo sono la tirannide, l'oligarchia e la democrazia. Aristotele identifica nella politela la forma più desiderabile di governo, che consiste in una costituzione "mista", che combini le caratteristiche migliori della democrazia e dell'oligarchia.
Aristotele, nella sua enciclopedia, si occupa delle scienze poetiche e produttive, ovvero dell'ambito della produzione di opere e della manipolazione di oggetti. L'autore si concentra sull'esame delle arti, in particolare della tragedia e della commedia, cercando di cogliere alcuni parametri fondamentali. Il tema dell'arte viene sviluppato nei libri VII e VIII della Politica, ma soprattutto nella Poetica, un'opera incompleta scritta con finalità didattica e forse destinata a essere integrata dalle lezioni orali del filosofo. Purtroppo sono andate perdute le parti in cui Aristotele trattava della commedia, mentre possediamo l'analisi dedicata alla poesia epica. La Poetica di Aristotele è stata tradotta in latino da Giorgio Valla nel 1498 e stampata a Venezia nel 1508, diventando un testo fondamentale per la teoria della letteratura e del teatro. Secondo Aristotele, l'umanità ha una propensione naturale a rappresentare la realtà attraverso le parole e le imm...
Copia romana del busto di Aristotele di Lisippo Aristotele nasce nel 384 a.C. a Stagira, nella penisola Calcidica, e nel 367, all'età di 17 anni, si trasferisce ad Atene per studiare presso l'Accademia di Platone. Qui ci rimane per vent'anni, fino alla morte di Platone, di cui continuerà a condividere con lealtà le posizioni filosofiche. In seguito si reca in Asia Minore, dove rimane per cinque anni, per poi trasferirsi a Pella, presso la corte macedone, in cui diviene precettore di Alessandro Magno. Torna ad Atene forte della protezione di Alessandro Magno e, nel 335 a.C., fonda una nuova scuola, il Liceo (Peripato). A differenza dell'Accademia platonica, nel Liceo aristotelico gli allievi non erano tenuti a rispettare particolari regole comuni di vita e non avevano un progetto politico da elaborare. L'attività scolastica era costituita dall'insegnamento e dalla ricerca. Il progetto filosofico Mentre Platone vedeva una convergenza tra tutti i saperi, ponen...
I primi filosofi furono d'accordo con il fatto che per forza ci doveva essere una qualche sostanza, un principio originario, dalla quale le altre cose venivano all'esistenza e che questo fosse in un qualche modo infinito, eterno. Parlando di principio originario possiamo riferirci alla parola greca arché , che significa 'principio', 'origine'. Rappresenta per i primi filosofi greci l'elemento base da cui si è originato il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà. ANASSIMENE Vissuto tra il 568 e il 525 a.C. a Mileto si occupò di ricerche naturalistiche. Egli era convinto il principio primo fosse l’ aria o il respiro. La trasformazione e generazione delle cose è spiegata dal filosofo attraverso i processi di condensazione e rarefazione; questo vuol dire che quando l’aria arriva a rarefarsi diventa fuoco mentre quando si condensa diventa progressivamente vento, nuvola, acqua, terra e pietra. Cosi parte un ciclo di vita eterno di morte e rinascita....
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